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Incontro con studenti e genitori Scuola Beata Vergine del Carmelo (Cremona)

Federico, spesso ti rivolgi ai ‘neurotipici’ (noi, che ci consideriamo “normali”) con l’espressione la “vostra” società: usi questo aggettivo perché non ti senti parte della società? 


Io mi sento parte della società, voglio impegnarmi per dare il mio contributo a farla funzionare meglio e certo non voglio contestarla dall’esterno. Vorrei però dire che la nostra società, secondo me, è governata e condotta da persone di razza bianca, nati italiani e caratterizzati dal non soffrire di particolari limitazioni, diversità o handicap. Questa maggioranza, purtroppo, tende a considerarsi come norma e a vedere in tutti gli altri diversi da sé delle eccezioni. Ciò, oltre a generare infinite forme di esclusione e ghettizzazione, tende ad imporre un pensiero unico, quasi che il modo dei bianchi autodefinitisi normali, sia l’unico possibile e la regola per tutti. Io voglio invece affermare che il mio essere autistico è solo uno degli altri modi di essere persona. Propongo una società plurale, solcata da mille diversità e che creda nella diversità tra le persone come un valore, una ricchezza e non come un pericolo da cui difendersi.

Come ti senti, cosa provi quando ti relazioni con i ‘neurotipici’: imbarazzo, disagio o comprensione, accoglienza?

Dunque, io vi percepisco come una condizione umana diversa dalla mia.  Vi vedo ipercomunicativi, a volte di una comunicazione apparente priva di una condivisione vera di contenuti. Il vostro egocentrismo tendenziale inibisce la vera comunicazione, perché una volta che il mio egocentrismo mi ha fatto porre al centro del mondo, poi i miei presunti contenuti tendo ad imporli e questa non è vera comunicazione. Trovo poi che alcuni di voi siano abitati da paure profonde che si proiettano su ogni diversità, generando ghettizzazioni. Il mondo neurotipico è popolato di fantasmi che portano molti a vedere ogni diversità da sé, politica, economica, religiosa, come un pericolo e non come una risorsa. La conseguenza è un pianeta di drammi planetari e montagne di chiacchiere. Quelli di voi che si dispongono ad accogliere le diversità, a mettersi al servizio, diventano persone luminose e grandi amici anche per me.


Lodevoli il tuo impegno e la tua forza di volontà: dai primi schizzi, dai primi tentativi difficoltosi di scrittura fino ad arrivare alla realizzazione di un libro, in cui “ti racconti” con umiltà e franchezza. Da dove derivano questa grande determinazione e caparbietà? 

Chi o cosa ti infonde tanto coraggio nell’affrontare con dignità il tuo autismo?


La mia famiglia mi ha amato ed accolto, anche se sono autistico. Mi hanno convinto che anche per me esiste un futuro percorribile e lo stiamo percorrendo insieme. Il rischio era di avere una visione così invalidante da esserlo ancora di più dello stesso handicap. Poi credo in Dio e cercandolo ho trovato tanti fratelli e sorelle, con cui si cerca di vivere in una vera fraternità e questo mi aiuta molto.


Il desiderio di “aiutare” gli altri in situazioni simili alla tua e a quella della tua famiglia è un valore straordinario. Farsi portavoce di bisogni condivisi; indicare strategie, mezzi, strumenti; porsi in ascolto della voce degli altri (una voce che chiede aiuto, interpella, urla); comprendere perché si è sperimentato o si sperimenta: ci sembra di capire che tutto questo stia diventando per te una vera e propria missione. È davvero così?

Io voglio dedicare la mia vita alla reciproca comprensione tra autistici e neurotipici e ad aiutare i tanti autistici che sono in difficoltà perché faticano a capire ed a spiegarsi.

Pubblicato inScuole e Università

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