1) Aver instaurato una diversa relazione con ognuna delle persone che hanno influito sul percorso di crescita.
Da piccolo non ero capace di instaurare relazioni, poi crescendo le cose sono cambiate. Però nella mia infanzia ci sono state diverse persone che hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo del mio autismo e cercato quindi una relazione con me, facendo atto di fede che io esistessi nella relazione, che ne fossi consapevole. Io non ero capace di relazioni diversificate ma comprendevo che il loro amarmi li rendeva tutti diversi, perché ciascuno amava concretamente, partendo dal proprio vissuto. Invito tutti a credere che le persone autistiche comprendono la relazione molto più di quanto appaia. Fanno fatica con i contenuti pratici della relazione ma sono travolte, secondo me, dagli aspetti emotivi ed esistenziali, anche se non sanno manifestarlo. L’io può esistere solo se un tu ci crede, altrimenti si perde nella propria prigione interiore.
2) Federico ha trascorso i suoi primi anni di vita nelle “mani degli altri” e quindi nella speranza e nell’attesa che le persone che lo circondano abbiano un’intuizione.
Vero. E se questi altri non fossero stati così in gamba, mi sarei perso per sempre.
3) Identificazione delle figure chiave che hanno permesso “la svolta”;
Tutte le persone che non si sono fermate ad una relazione solo formale con me, che mi hanno cercato con il cuore oltre ogni apparenza di mia totale assenza, tutte sono state importanti.
4) Scrittura come una sorte di riscatto?
Sì. Ed ora che il mio libro ha venduto settemila copie in un anno, ora che è stato pubblicato in tedesco, ora che la mia rubrica viene tradotta in spagnolo e pubblicata sia in centro che in sud America, è riscatto alla grande. Sono un handicappato emergente, pienamente invalido e pienamente emergente e voglio fermamente essere il primo di tanti autistici di successo. Noi non siamo tappezzeria, noi vogliamo costruire la società della compiuta integrazione di ogni forma di diversità che esista nella nostra comune umanità.
Un amica con il figlio diciassettenne autistico ti scrive:
Ciao Federico come può un ragazzo a medio basso funzionamento entrare a far parte della società anche con un percorso non dico lavorativo ma occupazionale e sentirsi comunque realizzato? Secondo te cosa lo può aiutare?
Io non accetto il vostro concetto di basso funzionamento e lo restituisco fermamente al mittente. Siccome non riuscite ad intercettare una intelligenza perché non ne siete capaci, allora dite che quella intelligenza non esiste. Mi dispiace dirlo, ma questo è arrogante orgoglio neurotipico. Questo autocentrismo che, senza offesa, definirei grossolano, è la proiezione di paure neurotipiche profonde per l’incomprensibile. Questo è vero handicap. A basso funzionamento è la scienza che ancora non riesce ad individuare le eccellenze di questa mente autistica. Vi supplico, andiamo a cercare insieme le eccellenze della mente di questo mio fratello nell’autismo. Temo siano sole nella sua mente e che lentamente possano avvizzire.
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