Ciao Federico, ti ringraziamo innanzitutto per aver accettato questa nostra proposta di farti una breve intervista da pubblicare sul giornalino di quartiere “Fidene in Rete”.
Abbiamo raccolto alcune domande, un po’ varie, da diversi amici e quindi non hanno un vero e proprio filo conduttore. Abbiamo pensato comunque di proportele così come ci sono pervenute per non alterare la genuinità delle domande stesse.
Per iniziare potresti dire qualcosa di te, della tua famiglia, in modo che quanti leggono possano conoscerti un pochino meglio?
Mi chiamo Federico, ho 27 anni e sono una persona autistica. L’unica cosa che può definirmi come persona è la missione cui ho deciso di dedicare la mia vita che è aiutare autistici e non autistici a capirsi. Per questo scrivo libri, articoli e partecipo ad incontri e convegni. Questo è il centro di me e non voglio farvi perdere tempo con altre informazioni che non aggiungono nulla. Io credo che conoscere una persona sia coglierne la missione più profonda e più vera, non tirare su sistemi articolati di informazione sull’altro che non ho mai capito a cosa potrebbero mai servire.
Federico, tu scrivi in uno dei tuoi libri: «c’è un pezzetto di cielo che ci spetta già da qui». Cosa intendi?
Che una vita che ogni giorno si consuma di un giorno ha un drammatico bisogno di senso per il tempo che ogni giorno è perduto per sempre. Per questo trovare il proprio personale dono di sé è saltare in una eternità di pace e di gioia fin da qui e da ora.
Nella vita prima o poi tutti ci domandiamo “perché a me”. Siamo in grado di darci una risposta? E comunque, secondo te, c’è sempre un’opportunità dietro ciò che ci accade?
C’è una opportunità se ci crediamo. Se crediamo che in ciò che accade c’è una opportunità allora ci comporteremo di conseguenza e la edificheremo. Non è vero ed allora ci credo ma siccome ci credo allora ne genero la possibilità. Ogni fede è generativa.
Come definiresti il termine “amore”?
Nulla a che vedere con emozioni e sentimenti. E’ la convinzione profonda che solo nel dono di me troverò senso. E’ una convinzione che rende impossibile non darsi da fare per chi ha bisogno.
Che rapporto hai con la solitudine? E con gli amici?
Adoro stare con me e basta. Solo è impossibile. Con me io ci sono sempre. In quei momenti fermo il flusso di pensieri ed emozioni e nel nulla il mio io respira. Amo molto anche stare con gli altri ma per un tempo più di qualità che di quantità.
Come vivi la tua situazione che molte persone e famiglie vivono nella prospettiva “negativa”, “di svantaggio” o “di limitazione”?
Io rispetto la loro scelta. Per me sono felice di essere autistico, condizione che mi consente esperienze percettive o mentali di rara bellezza. Vorrei solo diventare più autonomo ma ho scelto che ci riuscirò e ciò tira fuori le energie e mi consente di conseguire traguardi. L’autismo in questo nostro mondo è una disgrazia perché tutti credono che lo sia. Io vorrei solo instillare il dubbio che sia possibile una storia diversa.
Vediamo quanta attenzione rivolgi alle persone che vivono la tua stessa condizione. Cosa gli consiglieresti per non arrendersi, per crederci, per riuscire a realizzare le loro aspettative, per essere sempre attori e artefici della loro vita?
Gli suggerirei di non chiudersi nel proprio mondo. Io lavoro perché i non autistici possano capirli.
Tu definisci il futuro il tempo della certezza e della fiducia e vivi con il tuo sogno in prospettiva. Perché, secondo te, noi spesso smettiamo di sognare? E cosa succederebbe se non sognassimo più?
Più che di sogno parlerei di missione o dono di sé. Il sogno è ciò che ti aspetti il mondo faccia per te. La missione è ciò che tu pensi di poter fare per il mondo. La differenza è infelicità o felicità.
C’è un sogno a cui tu non puoi rinunciare?
No. Già azzerati tutti. C’è troppo di bello da vivere e da fare qui ed ora. Anche i problemi sono proprio quelli giusti.
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