Incontri con i genitori dei gruppi delle comunioni
2 e 3 Aprile 2022
Dalla Rivista “Vocazioni” della CEI
Diversamente in cammino/13 di FEDERICO DE ROSA
Il tema scelto da Vocazioni per questo numero è l’essere umano combattuto tra dominio della realtà ed interdipendenza, partecipazione.
Come persona autistica posso dire che il dominio della realtà è per noi autistici fortunatamente precluso dall’estrema diversità del funzionamento della nostra mente rispetto alla realtà in cui siamo chiamati a vivere, per cui a livello sensoriale molte situazioni sono eccessive, travolgenti, la loro rappresentazione mentale è avara di significati accessibili e di conseguenza la capacità di azione risulta ampiamente frammentaria.
È questa sul lungo periodo è una fortuna perché insegna una felicità del vivere fatta di desideri basici quali il dormire comodi, il mangiare ogni tanto cose buone e fare cose belle con persone con cui ci si vuole bene.
L’andare oltre il desiderio di cose semplici può essere esistenzialmente pericoloso.
Nulla di male che lavorando alla propria missione si possa arrivare a fare cose grandi, anzi direi che le cose grandi riescono immensamente più facilmente e con naturalezza a coloro che tali grandi cose vivono con distacco e di conseguenza possono metterle a fuoco con precisione mentre ci lavorano per perseguirle.
La pulsione di dominio verso la realtà che si vive è una pericolosa illusione, perché la realtà è che di fronte a poche cose siamo impotenti o onnipotenti; nella stragrande maggioranza dei casi siamo influenti, ossia possiamo provare a modificare la realtà ma senza alcuna certezza circa il come andrà a finire.
Dobbiamo quindi credo allenarci tutta la vita a lasciare andare i desideri che non si realizzano per passare a desiderare altro, in un’ascesi della libertà da sé che non ha mai fine.
Viceversa, la persona prigioniera dell’illusione del proprio dominio sulla realtà tenderà ad un azzuffarsi con i propri naturali insuccessi, sempre più gigantesco e sempre più rovinoso per la propria esistenza.
Non esiste alcun motivo logico per cui l’universo debba inchinarsi al mio volere e per quanto io possa lavorare ad accrescere il mio potere, questo potere non potrà mai eguagliare l’infinito numero delle pieghe che i tanti eventi della vita possono prendere.
Guardate per un attimo all’universo inteso nel senso materiale. Nulla nell’universo domina sul resto ma ogni elemento è interdipendente. In questa interdipendenza pervasiva, quegli elementi che conseguono un equilibrio armonico con gli altri con cui interagiscono sono anche quelli che durano più a lungo.
Perché l’essere umano dovrebbe fare eccezione?
L’universo in cui viviamo ci invita all’interdipendenza e ad una ricerca di armonia che faccia andare le cose meglio.
Chi vuole dominare, vive pericolosamente contromano.
Lettera di Federico ai genitori presenti agli incontri
Diversamente Abili – Diversamente Felici
Cari genitori,
mi chiamo Federico De Rosa e sono un ragazzo autistico di ventotto anni. Diversi di voi mi avranno visto e sentito suonare il mio tamburo alla messa delle 10,00.
La comunità di San Frumenzio mi ha chiesto di parlarvi di un tema a me molto caro che è sintetizzabile nell’espressione “Diversamente Abili – Diversamente Felici”.
Parto da me. Sono autistico e riconosciuto invalido al cento per cento per la mia incapacità di gestire in autonomia molti atti di vita quotidiana. Quando lo faccio presente, generalmente le persone si rattristano profondamente mentre io sono contento di essere come sono e mi sento felice e realizzato, nonostante le ovvie contrarietà che accompagnano la vita di tutti.
Ho infatti la fortuna di far parte di quegli esclusi che possono guardare da fuori la società degli auto proclamati normali e quindi metterne a fuoco bene non solo le grandi bellezze ma anche i rovinosi rischi esistenziali.
Partirei dalla tirannia della normalità cui purtroppo in tanti sono ancora sottomessi.
Normale è una persona conforme alla norma, ossia ad uno standard di conformità dell’essere umano.
Ma questa regola di conformità dell’essere umano dove sta scritta? È sorprendente constatare che questa regola semplicemente non esiste.
Fino a quanti centimetri si può essere alti e normali e a quale misura di altezza si diventa anormali? Nessuno lo sa.
Ed è sorprendente che ogni giorno tante persone si sforzino di apparire agli altri non anormali quando nessuno sa cosa voglia dire.
Io non voglio diventare normale. A me piace essere Federico, autistico amante delle passeggiate nei boschi, del mangiare lo spezzatino di cinghiale e di suonare il tamburo a San Frumenzio.
Ma se voi non autistici non siete normali perché la normalità non esiste, allora cosa siete?
Secondo me siete tutti diversamente abili dove il diversamente non è riferito alla superstizione tribale della normalità ma l’uno rispetto all’altro.
Voglio dire che ciascuno di voi è diversamente abile rispetto a chi gli sta seduto vicino perché ciascuno di voi ha un mix di qualità e difetti che è unico nell’universo.
Ed io? Anche io ho il mio mix unico nell’universo. Siamo uguali ed ecco abbattuto lo steccato di esclusione di noi handicappati.
Handicappati lo siamo un po’ tutti perché tutti abbiamo limiti che ogni tanto ci fanno soffrire.
Ma se siamo tutti diversamente abili l’uno dall’altro allora ciascuno di noi potrà puntare al suo diversamente felice, una realizzazione che è solo sua e quindi profuma già di missione.
Come fare ad essere felice? È molto semplice anche se non è facile ed ancor meno immediato.
Io oggi sono felice perché stanotte ho dormito al caldo in un letto confortevole, poi ho fatto colazione con il mio yogurt preferito, io sono felice del mio yogurt, ed anche con fantastici biscotti. Poi ho dedicato la mattinata a riflettere cosa scrivervi. Scrivere mi piace tantissimo. Poi ho pranzato in compagnia di persone a me molto care.
Non è meraviglioso?
La tecnica è perseguire una essenzialità sempre più radicale che punta al minimo incomprimibile dei bisogni biologici. Desiderare tanto e tante cose diverse ma poi essere altrettanto flessibili nel lasciare andare i desideri che non si possono realizzare. Ridurre ogni giorno l’elenco delle cose che riteniamo necessarie per essere felici e tutto ciò che la vita porterà in più verrà percepito come dono gratuito e genererà nel cuore la gratitudine, un potente anticipatore della gioia.
Vivendo così, gli occhi tornano a vedere una bella giornata di sole, quando arriva, o una sottile brezza che accarezza il viso, o anche la magia degli alberi che tornano a fiorire.
La natura canta di gloria se noi abbiamo l’audacia di non porci al centro del mondo.
Questo è il mio diversamente felice, il mio canto. Mi fermo e vi aspetto qui. Sarebbe molto bello, cari genitori, essere diversamente felici tutti insieme anche se ciascuno in modo diverso.
Finalmente senza steccati, senza barriere, finalmente liberi.
***
Tratto da uno scambio di e.mail
Ciao Federico.
Ho letto con molto piacere il tuo scritto su “Diversamente abili; diversamente felici”. Mi piace sia il messaggio che la forma espositiva.
Una domanda in vista degli incontri con i genitori delle comunioni del 2 e 3 aprile per aprire in modo più esplicito la riflessione anche al rapporto genitori-figli: cosa diresti ai genitori per aiutarli a presentare ai propri figli la prospettiva di felicità che tu proponi come vincente?
So che non sei un genitore…e allora provo a formulare in altro modo la domanda….
Cosa hai sentito dai tuoi genitori, cosa ti hanno proposto che ti ha consentito di maturare la convinzione che una strada di successo verso la felicità è ridurre al minimo le esigenze e le aspettative verso la vita per gustare quello che la vita ci offre come un dono? (so che lo hanno fatto … perché anche questa “convinzione” è un dono e – in genere – questo tipo di doni sono consegnati dai genitori).
Grazie di tutto
Pierangelo
***
Caro Pierangelo,
Esiste secondo me un unico modo in cui i genitori possono trasmettere questi valori ai figli ed è viverli loro per primi, camminare su questa strada e ridurre ogni giorno le pretese verso la vita e di converso essere sempre più grati alla vita per tutto ciò che dona in più oltre il poco che è essenziale.
L’educazione dei figli è una attività di testimonianza ed ha la stessa struttura logica della cipolla.
Lo strato più esterno è ciò che il genitore dice.
Poi verso l’interno della cipolla c’è ciò che il genitore fa o non fa.
Ancora più all’interno, ciò che il genitore è nel senso più esistenziale dell’essere.
Infine c’è ciò verso cui il genitore diventa, ossia il compimento verso cui la sua vita tende.
Ora noi figli, quando cuciniamo il sugo con la cipolla per condire la pasta, della cipolla buttiamo la buccia, ossia le parole, e ci nutriamo di tutto il resto.
E’ semplice. Tutto il mondo è semplice. La complessità problematica sta dentro gli occhi di chi lo guarda.
Ciao
Federico.
DOMANDE E RISPOSTE CON I GENITORI PRESENTI IL 2 APRILE
(Domanda su cosa Federico consiglia di leggere)
Non so leggere. Ho bisogno di audio libri per raddoppiare il canale. Io come lettura suggerirei il mio amico San Paolo. Universo che geme nelle doglie di un parto è una intuizione potente e unica.
(Domanda sua quale frase di San Paolo ritiene più sentita e più sua)
Quella che ho scritto. È troppo vero.
(Domanda su come ha fatto la sua famiglia a capirlo)
Un amore eroico. Io ho distrutto una famiglia e poi l’abbiamo ricostruita insieme.
DOMANDE E RISPOSTE CON I GENITORI PRESENTI IL 3 APRILE
(Ringraziamento a Federico)
Prego. Ne sono felice.
(Domanda sulla guerra e sulle piccole guerre che ciascuno di noi attiva nella sua vita)
Il controllo della realtà è illusione. Il nostro potere è solo paura. Lasciate andare. Si nasce felici ma la felicità è fragile. La sua corazza è l’essenzialità radicale.
(Come si ricostruisce una famiglia distrutta dal dolore)
Perdendo ogni pretesa o aspettativa. Così le macerie diventano mattoni per edificare.
(Domanda sul valore della scrittura) Prego. Ciò che dici è vero ma da qui si può andare oltre. Più essenziale della scrittura è il silenzio
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