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Commento alle letture delle celebrazioni della Quaresima 2025

Su richiesta della Conferenza Episcopale Italiana ed in celebrazione dell’Anno Santo 2025, Federico compone un suo commento alle letture di ogni domenica di Quaresima.

MERCOLEDÌ DELLE CENERI

PRIMA LETTURA 

Dal libro del profeta Gioèle

2, 12-18

Così dice il Signore:

«Ritornate a me con tutto il cuore,

con digiuni, con pianti e lamenti.

Laceratevi il cuore e non le vesti,

ritornate al Signore, vostro Dio,

perché egli è misericordioso e pietoso,

lento all’ira, di grande amore,

pronto a ravvedersi riguardo al male».

Chi sa che non cambi e si ravveda

e lasci dietro a sé una benedizione?

Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.

Suonate il corno in Sion,

proclamate un solenne digiuno,

convocate una riunione sacra.

Radunate il popolo,

indite un’assemblea solenne,

chiamate i vecchi,

riunite i fanciulli, i bambini lattanti;

esca lo sposo dalla sua camera

e la sposa dal suo talamo.

Tra il vestibolo e l’altare piangano

i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:

«Perdona, Signore, al tuo popolo

e non esporre la tua eredità al ludibrio

e alla derisione delle genti».

Perché si dovrebbe dire fra i popoli:

«Dov’è il loro Dio?».

Il Signore si mostra geloso per la sua terra

e si muove a compassione del suo popolo.

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA 

Riconciliatevi con Dio. Ecco ora il momento favorevole.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

5, 20 – 6, 2

Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti:

«Al momento favorevole ti ho esaudito

e nel giorno della salvezza ti ho soccorso».

Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

Parola di Dio.

VANGELO

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

Dal Vangelo secondo Matteo

6, 1-6.16-18

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.

Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

In questo mercoledì delle ceneri che apre la Quaresima, il profeta Gioèle descrive una comunità di credenti invitata alla conversione, a tornare a Dio con penitenze e preghiere ma solo al termine del testo ci spiega perché con le parole ”perché si dovrebbe dire tra i popoli “Dov’è il loro Dio?””.

È proprio vero. Dio nessuno lo ha mai visto. Solo una comunità di credenti viva può renderlo visibile, con una fede che abbia davvero chiuso i conti con le seduzioni del mondo, con una speranza che sia inscalfibile da tutte le avversità della vita, con una carità che diventi servizio per ogni essere umano bisognoso di qualcosa.

Una comunità così è davvero il sale della terra, la lampada posta in alto sul lucernaio, la città posta sul monte. È buona novella, novella perché realtà mai vista prima nel mondo, buona perché fa germogliare il bene e la vita ovunque arrivi.

Ma noi umani abbiamo bisogno di sperimentare che non saremo mai capaci di ciò da soli. Questa è vita già eterna e non la si può costruire, la si può solo ricevere in eredità, rispondendo alla paternità proposta di Dio con una figliolanza complementare di concretissimi atti quotidiani.

Nella seconda lettura, San Paolo snocciola il come questa proposta di conversione è giunta fino a noi ma soprattutto e con parole veramente lapidarie ci inchioda alla sua urgenza: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza”.

Nel Vangelo Gesù ci parla delle tre grandi dimensioni della vita cristiana: Il digiuno dal compiere il male, l’elemosina di tutto ciò che siamo quando può diventare dono per chi ha bisogno, la preghiera come pieno abbandono e totale apertura alla relazione d’amore che Dio desidera avere con noi, relazione da cui così facilmente si fugge o ci si difende.

Ci mette però in guardia che queste dimensioni possono essere vissute secondo la logica del mondo che è l’apparenza. Per le apparenze il mondo soppesa e valuta, promuove e boccia, accoglie o esclude, ama o odia.

Dio invece sa che l’apparenza vola via come pula che il vento disperde e guarda invece il cuore dell’essere umano perché se il cuore cambia allora anche la realtà intorno comincia a cambiare.

È quindi dal profondo del cuore che possiamo iniziare quella conversione che Gioèle descrive immensa, articolata e che Paolo ricorda urgente di oggi, di ora.

Credo sia proprio un bellissimo programma per mollare i freni di ogni resistenza.

Buona Quaresima di cambiamento profondo a tutti!

I DOMENICA DI QUARESIMA

PRIMA LETTURA

Dal libro del Deuteronòmio

26, 4-10

Mosè parlò al popolo e disse:

«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

10, 8-13

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.

Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

Parola di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca

4, 1-13

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

In questa prima domenica di Quaresima, la prima lettura ci mostra Mosè che invita il popolo a rinnovare il ricordo per non dimenticare. Abramo era solo un arameo errante ed è solo per la Fede in Dio che lui trasmise ai suoi discendenti che essi trovarono scampo dalla carestia in Egitto, crebbero di numero, ottennero nuovamente la libertà, vagarono nel deserto fino a purificare i loro cuori ed ottennero infine una terra fertile dove vivere e prosperare.

È molto facile, infatti, e soprattutto se si è nell’abbondanza, dimenticare che tutto ciò che siamo e abbiamo è un dono di Dio, a cominciare dalla nostra stessa chiamata alla vita. Se esistiamo e per dono di Dio e se la vita è un dono, tanto più tutto ciò che la nostra vita esprime e contiene.

Presentare in offerta a Dio le primizie della terra non avrebbe gran senso se non per ricordare il percorso di doni di Dio. Le primizie sono un dono di Dio ma anche la terra che le genera lo è ed anche il lungo cammino di purificazione per raggiungerla e così via.

La fede, ai tempi di Mosè come oggi, è ritornare sempre al ricordo, alla consapevolezza che abbiamo un Padre in cielo che amorevolmente ci guida per percorsi non sempre subito comprensibili e si prende cura di noi.

Questo è il contrario della superbia in cui l’essere umano si sente il Dio di se stesso e sbarra così la strada alla paternità di Dio.

Nella seconda lettura San Paolo si sofferma sul dono più grande della paternità di Dio per noi, ossia dare il Suo figlio unigenito per la salvezza del mondo. Ed allora per noi rispondere da figli è riconoscere che Gesù è risorto ed è signore.

Nel Vangelo, anche Gesù è tentato per ben tre volte di essere autoreferenziale che è l’anticamera della superbia e per tre volte rinnova la sua relazione con il Padre.

A noi non rimane che riconoscerci figli e coltivare questa consapevolezza con la lode a Dio ed il servizio ai nostri fratelli.

II DOMENICA DI QUARESIMA

PRIMA LETTURA

Dal libro della Gènesi

15, 5-12.17-18

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.

E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».

Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.

Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.

Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:

«Alla tua discendenza

io do questa terra,

dal fiume d’Egitto

al grande fiume, il fiume Eufrate».

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA *

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

3, 17 – 4, 1

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.

La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.

Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Parola di Dio.


VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca

9, 28b-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.

Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.

Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

In questa seconda domenica di Quaresima, la prima lettura ci mostra la relazione di Dio con Abramo e la risposta di Abramo alla proposta di Dio.

In questa relazione corrisposta, Dio chiede ad Abramo di uscire fuori. È una costante che si ripete. Abramo uscì dalla sua terra, Ur dei Caldei, e su invito di Dio intraprese un lungo viaggio che è simbolo di un lungo percorso di trasformazione interiore.

Ma Abramo è il padre dei credenti e come per lui anche noi siamo chiamati a venire fuori dal nostro piccolo mondo di comodità, di piccoli egoismi,  di sicurezze illusorie e a metterci in viaggio per un cammino di conversione, di trasformazione. Ma come per Abramo, anche per noi il cammino potrà essere incredibilmente fruttuoso, ossia una nuova terra da abitare, una nuova dimensione esistenziale, e poi un portare frutto più numeroso delle stelle del cielo.

Anche San Paolo, nella seconda lettura, ci parla del rischio di avere il nostro ventre come Dio, ossia di essere totalmente centrati su noi stessi e quindi fermi, non in cammino, totalmente prigionieri della carne, di quelle istanze che salgono al corpo ed alla mente dal nostro dna e ci tengono prigionieri di ciò che con la nostra morte svanirà.

Il Vangelo, invece, ci assicura che Dio si manifesterà progressivamente a chi lo segue in Gesù. Sarà una illuminazione spirituale, una grazia particolare, il superamento di un limite, una rinnovata unità d’amore con i fratelli o chissà cosa altro. Dio desidera manifestarsi a noi e lo farà piano piano, tanto più noi avanziamo con decisione nella sequela di Gesù.

III DOMENICA DI QUARESIMA

Dal libro dell’Èsodo

3, 1-8a.13-15

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.

L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.

Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».

Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».

Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io‑Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

10, 1-6.10-12

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.

Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.

Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Parola di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca

13, 1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

In questa Terza domenica di Quaresima la scrittura ci narra della bellissima relazione tra Mosè e Dio e tra Dio è Mosè.

Dio è una grande passione ma a differenza di tante passioni mondane non distrugge ma facendo ardere un roveto lo lascia intatto. Poi questa passione prende la parola e per presentarsi a Mosè si dichiara come il Dio che ha amato Abramo, Isacco e Giacobbe e da loro è stato amato. Ma questi sono i padri che anche Mosè ama e onora nel ricordo delle loro gesta.

Dio, quindi, cerca con Mosè un terreno comune di amore e quando Mosè gli chiede come potrà presentarlo al popolo, Dio lo invita a rifare la stessa cosa, a riproporlo come il Dio amante ed amato dai padri che loro onorano.

È commovente pensare che l’amore tra Dio e Abramo ha coinvolto nell’amore Isacco, che l’amore tra Dio, Abramo e Isacco ha coinvolto Giacobbe e così via fino ad un popolo intero.

San Paolo però ci ricorda che questa bellissima azione di Dio ha bisogno di una nostra risposta concreta perché l’amore può anche essere rifiutato in atti concreti di male che sono sempre possibili.

Nel Vangelo, Gesù ci dice che nella vita possono anche accadere disgrazie, come il crollo di una torre, ma esiste una sola grande disgrazia nella vita da cui sopra ogni cosa dovremmo guardarci ed è vedere tutto questo amore e decidere di restarne fuori.

La Quaresima è proprio il momento propizio per tornare ad amare Dio con atti concreti ed accogliere il suo amore per noi.

Non lasciamoci scappare questa occasione per dare una svolta di bene alla nostra vita.

IV DOMENICA DI QUARESIMA

PRIMA LETTURA

Dal libro di Giosuè

5, 9a.10-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».

Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.

Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.

E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

5, 17-21

Fratelli,  se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.

In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Parola di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca

15, 1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

Per questa domenica di Quaresima, la prima lettura ci presenta la fine dei quaranta anni di esodo e l’arrivo degli israeliti nella terra promessa.

Liberarsi da qualsiasi forma di schiavitù per diventare liberi figli di Dio ha richiesto un lungo cammino che ha mostrato come questa schiavitù fosse in realtà qualcosa di molto più articolato e radicato nel cuore della sola oppressione da parte degli egiziani.

Lungo il cammino dell’esodo, infatti, emergono mormorazioni, assenza di fiducia, idolatria. Diventare liberi dalle oppressioni esterne è relativamente semplice se si pensa a quanto è lungo, faticoso e mai definitivo liberarci dal male che portiamo dentro di noi.

Eppure, l’arrivo nella terra di libertà è estremamente ordinario, non una festa, non grandi banchetti, ma del semplice frumento abbrustolito.

Il perché mi sembra lo spieghi San Paolo quando ci dice che le cose vecchie sono passate e ne sono nate di nuove. Ora è tempo di essere liberi, liberi dalle passioni del male per lodare Dio e servire i fratelli.

Nel Vangelo, Gesù ci propone la più bella storia mai scritta sul perdono. Il perdono non è solo rinunciare alla vendetta e neanche superare il risentimento.

Il perdono è l’esplosione di una grande festa, di una grande gioia, per una persona che si temeva perduta per sempre ed invece è ritornata, per una relazione che era morta ed è tornata in vita.

Si potrebbe concludere che c’è più festa per un peccatore ritornato che per un intero popolo che raggiunge la terra promessa.

Forse una bella conversione per questa Quaresima potrebbe essere cominciare almeno a desiderare di avere un cuore così.

V DOMENICA DI QUARESIMA

PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa

43, 16-21

Così dice il Signore,

che aprì una strada nel mare

e un sentiero in mezzo ad acque possenti,

che fece uscire carri e cavalli,

esercito ed eroi a un tempo;

essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,

si spensero come un lucignolo, sono estinti:

«Non ricordate più le cose passate,

non pensate più alle cose antiche!

Ecco, io faccio una cosa nuova:

proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?

Aprirò anche nel deserto una strada,

immetterò fiumi nella steppa.

Mi glorificheranno le bestie selvatiche,

sciacalli e struzzi,

perché avrò fornito acqua al deserto,

fiumi alla steppa,

per dissetare il mio popolo, il mio eletto.

Il popolo che io ho plasmato per me

celebrerà le mie lodi».

Parola di Dio.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

3, 8-14

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

Parola di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni

8, 1-11

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Parola del Signore.

Commento alle letture

Di Federico De Rosa

In questa ultima domenica di Quaresima, il profeta Isaia ci interroga sul cammino quaresimale che abbiamo condotto fino ad oggi e che sta per concludersi.

Abbiamo veramente convertito il nostro cuore, aprendolo a Dio?

Se sì, abbiamo due conferme da cogliere, secondo Isaia.

La prima è che le forze del male nella nostra vita sono sconfitte così come l’esercito egiziano che minacciava gli ebrei fu sommerso nel mar Rosso e distrutto.

La seconda è che il Dio che è stato accolto nei nostri cuori agisce nelle nostre vite e rende nuova ogni cosa, ogni desolazione esistenziale torna a fiorire.

San Paolo, che ha sperimentato questa rinascita nella sua vita, ci invita ad abbandonare tutto ciò che non può armonizzarsi con la sequela di Gesù e con la conoscenza di lui, perché nulla è comparabile, nulla regge il confronto.

Che si tratti di titubanza o di altri percorsi esistenziali, non è il caso di perdere tempo ed energie perché non sappiamo quanto ne avremo ancora ed è necessario essere pronti.

Nel Vangelo, Gesù insegna la connessione indistruttibile tra giustizia e misericordia.

Dopo il suo peccato, la donna non viene condannata ma perdonata. Ma il dito di Gesù che scrive per terra rievoca il dito di Dio che scrive la legge sulle tavole di Mosè.

Una giustizia senza misericordia rischierebbe di diventare vendetta.

Una misericordia senza giustizia rischierebbe di essere lassismo.

Così Gesù dice alla donna due cose. La prima è che non la condanna e la seconda è l’invito a non peccare più. Così la misericordia è seguita dal ripristino della legge infranta.

Anche quando pecchiamo e tutto ci sembra distrutto, in realtà abbiamo ancora, ci viene offerto un futuro davanti.

Pubblicato inLa Fede in Dio

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